Il riciclo degli smartphone: un’idea che ci piace!

Il riciclo degli smartphone: un’idea che ci piace!

Sempre più spesso, le persone si lasciano sedurre dai nuovi modelli di smartphone, cambiandoli con una frequenza sorprendente. Ma cosa succede ai vecchi dispositivi? Quasi sempre, finiscono dimenticati in un cassetto, mentre potrebbero avere una seconda vita attraverso il riciclo. Questo non solo ridurrebbe l’impatto ambientale, ma contribuirebbe anche a un’economia più sostenibile.

Abbiamo preso spunto dalla influencer green Elisa Nicoli (ECO.NARRATRICE su Instagram), che seguiamo con interesse sui social, che di recente ha affrontato questo problema e ci siamo subito resi conto di quanto sia importante trovare soluzioni sostenibili!

 

Perché non è necessario cambiare smartphone così spesso?

Prima di tutto, facciamo un po’ di chiarezza sull’argomento. Le nuove versioni dei telefoni, sebbene abbiano caratteristiche sempre più avanzate, non sempre rappresentano un vero salto tecnologico rispetto al modello precedente. Spesso si tratta di aggiornamenti incrementali che non giustificano il rapido consumo di risorse per la produzione di nuovi dispositivi. In realtà, i nostri smartphone durano ben oltre il ciclo di vita percepito. Quindi, se proprio non possiamo fare a meno di cambiare il telefono ogni anno, troviamo modi intelligenti per dargli una seconda opportunità.

 

Cosa fare quindi con i vecchi smartphone?

Se il tuo smartphone è ancora funzionante, una soluzione sostenibile è venderlo su Refurbed. Questo sito si occupa del ricondizionamento di dispositivi elettronici, riportandoli a condizioni pari al nuovo e rivendendoli con garanzia di almeno 12 mesi. Vendendo il tuo dispositivo su Refurbed, contribuisci a ridurre i rifiuti tecnologici e potrai guadagnare anche qualcosa. Inoltre, Refurbed si impegna a piantare un albero per ogni prodotto venduto, compensando così parte delle emissioni di CO2 associate alla produzione e alla distribuzione degli smartphone. E bravo Refurbed!

 

E se il telefono non funziona più?

Anche in questo caso, non buttarlo via! Puoi fare davvero la differenza aderendo all’iniziativa dell’Istituto Jane Goodall Italia, che ha lanciato un progetto straordinario di raccolta di telefoni cellulari usati, funzionanti o meno. L’obiettivo principale è la salvaguardia degli scimpanzé nel loro habitat naturale. I materiali recuperati dai vecchi telefoni, come il coltan, possono essere riciclati, riducendo così la necessità di estrarre nuove risorse dai territori africani, un’attività spesso devastante per l’ambiente e per le comunità locali.

Inoltre, i proventi della raccolta finanziano progetti di educazione e sviluppo sostenibile in Africa, un aiuto concreto alle popolazioni locali e un contributo importante alla tutela della fauna selvatica. È un gesto semplice, ma dall’enorme impatto sociale e ambientale.

 

Quindi, come abbiamo appena visto, ogni piccolo gesto conta, e il riciclo degli smartphone riduce i rifiuti elettronici, evita lo spreco di risorse preziose aiutandoci ad essere più consapevoli. Noi di Italia Gas e Luce crediamo che sia importante fare scelte sostenibili per proteggere il nostro pianeta.

E.. Anche tu, ricordati, la prossima volta che cambierai smartphone, di considerare tutte le alternative disponibili: vendi, regala o ricicla. Ogni dispositivo recuperato è un passo in più verso un mondo più verde!

Giornata Mondiale degli Animali: una celebrazione globale per il benessere e la sostenibilità

Giornata Mondiale degli Animali: una celebrazione globale per il benessere e la sostenibilità

Signore e signori, amanti degli animali e semplici curiosi, il 4 ottobre è tornato! No, non stiamo parlando della giornata del cioccolato (che sarebbe comunque grandiosa), ma della Giornata Mondiale degli Animali.

4 ottobre 2024 – Oggi, in tutto il mondo, si celebra la Giornata Mondiale degli Animali, una ricorrenza importante per promuovere la consapevolezza sul benessere degli animali e l’importanza della loro tutela. La data del 4 ottobre non è casuale: coincide con la festa di San Francesco d’Assisi, patrono degli animali e dell’ambiente, simbolo di amore e rispetto per tutte le creature viventi. L’idea di questa giornata nasce nel 1925 grazie all’iniziativa di Heinrich Zimmermann, un editore tedesco che decise di sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema degli animali randagi; solo qualche anno dopo, la ricorrenza venne spostata al 4 ottobre e divenne universale grazie ad un congresso internazionale a Firenze nel 1931.

Il tema scelto per quest’anno, “Il mondo è anche la loro casa”, è stato ideato per richiamare l’attenzione su come ogni angolo del pianeta debba essere preservato per garantire una casa sicura agli animali. Il focus è su temi importanti come la protezione degli habitat naturali, la lotta al cambiamento climatico e la prevenzione della perdita di biodiversità. Leggi il nostro articolo precedente sui “corridoio ecologici” perché parliamo proprio di questo 😊

 

Iniziative in Italia

In occasione della Giornata Mondiale degli Animali, molte sono le iniziative che si svolgono a livello globale.

In Italia, a Trieste, il 5 ottobre, sarà allestito un evento nella centrale Piazza Vittorio Veneto per celebrare la Giornata Mondiale degli Animali. L’iniziativa, organizzata dall’associazione Naica ODV, prevede una raccolta fondi e attività di sensibilizzazione per il benessere animale. Questa giornata vuole essere un momento di riflessione sul ruolo degli animali nella nostra vita e un invito all’adozione responsabile.

A Milano, il weekend del 5 e 6 ottobre ospiterà l’attesa “Quattrozampe in Fiera” al Parco Esposizioni Novegro. Questa fiera è dedicata agli amanti degli animali domestici e offre una vasta gamma di attività, dai laboratori educativi alle dimostrazioni di agility e incontri con esperti. L’obiettivo è creare un’occasione per conoscere meglio il mondo degli animali da compagnia e approfondire temi importanti come la salute e il rispetto degli animali​.

Monza, invece, sarà il palcoscenico di numerose attività organizzate da ENPA (Ente Nazionale Protezione Animali) durante il weekend del 5 e 6 ottobre. Tra le iniziative previste ci sono la visita al rifugio di via San Damiano 21, con la possibilità di incontrare animali in cerca di adozione, giochi e attività educative per bambini, e l’evento “Cane Fantasia“, che premia i cani più particolari.

 

Il ruolo degli animali nella società moderna

La celebrazione di oggi è anche un momento per riflettere sul ruolo fondamentale degli animali nelle nostre vite. Secondo una recente ricerca Ipsos, la maggioranza degli italiani considera i propri animali domestici come veri e propri membri della famiglia: il 46% li vede come “figli” da cui ricevere amore e protezione, mentre il 28% li percepisce come fonte di serenità e benessere in casa. Questi dati dimostrano quanto il legame con gli animali sia ormai radicato nella nostra società e quanto la loro presenza possa arricchire la nostra quotidianità.

 

Sostenibilità e rispetto per l’ambiente

La Giornata Mondiale degli Animali è strettamente connessa al concetto di sostenibilità. San Francesco d’Assisi, oltre ad essere il patrono degli animali, è considerato anche il patrono dell’ambiente. In suo nome, molte delle attività promosse oggi riguardano la sensibilizzazione sulla conservazione degli habitat naturali e la protezione delle specie a rischio. L’impatto delle attività umane, infatti, minaccia continuamente l’equilibrio della fauna selvatica, motivo per cui è essenziale adottare comportamenti sostenibili per preservare la biodiversità e garantire un futuro sicuro per tutte le specie.

Ricordiamoci che il 4 ottobre è sì un giorno speciale, ma l’idea di rispettare e proteggere gli animali dovrebbe durare tutto l’anno. Che si tratti di partecipare a una fiera, adottare un animale o semplicemente coccolare di più il tuo compagno a quattro zampe, ogni gesto è importante.

Quindi, se quest’anno decidi di festeggiare, fallo con il cuore. Magari porta il tuo cane a fare una passeggiata speciale, offri al tuo gatto una scatoletta deluxe, o fai semplicemente un bel respiro e pensa: “Sì, siamo tutti in questo pazzo condominio chiamato Terra. E va bene così.”

Noi di IGL abbiamo a cuore gli animali! Se te lo sei perso di consigliamo di andare a leggere anche il nostro articolo precedente in cui abbiamo affrontato il tema dei “corridoi ecologici“, che portano un grande beneficio all’habitat ma soprattutto ai nostri cari e adorati animali!

Corridoi ecologici: strade verdi per un pianeta più sano

Corridoi ecologici: strade verdi per un pianeta più sano

Hai mai sentito parlare dei corridoi ecologici? No, non si tratta di autostrade riservate a veicoli elettrici o piste ciclabili immerse nel verde (anche se suonano fantastiche, giusto?). I corridoi ecologici sono qualcosa di molto più speciale: sono “strade” pensate per la fauna selvatica. Sì, hai capito bene! Questi percorsi verdi sono progettati per consentire agli animali di muoversi liberamente tra habitat separati e, fidati, sono fondamentali per la salute del nostro pianeta. 

Che cosa sono i corridoi ecologici? 

Immagina un puzzle ecologico composto da diversi ecosistemi: foreste, prati, montagne, fiumi. Ora pensa a cosa accade quando pezzi di questo puzzle vengono staccati o isolati a causa di strade, edifici e altri sviluppi umani. Gli animali restano intrappolati in piccole “isole” di habitat, rendendo difficile trovare cibo, accoppiarsi o migrare. Qui entrano in gioco i corridoi ecologici. Questi collegamenti verdi aiutano a ricostruire quel puzzle, permettendo agli animali di spostarsi liberamente e mantenendo gli ecosistemi sani e vitali. 

 

Perché sono così importanti? 

La natura non conosce confini. Gli animali hanno bisogno di muoversi, di attraversare diverse aree per nutrirsi, riprodursi e, a volte, semplicemente per sopravvivere. Senza corridoi ecologici, molti animali rischiano di rimanere isolati, il che può portare a problemi di riproduzione (come la consanguineità) e, in ultima analisi, all’estinzione. Non è solo una questione di “proteggere i nostri amici animali” – anche se questa dovrebbe già essere una motivazione sufficiente – ma anche di salvaguardare la biodiversità. Gli ecosistemi sani e diversificati sono cruciali per la nostra stessa sopravvivenza: regolano il clima, purificano l’acqua e l’aria, e sostengono la produzione di cibo. 

 

Esempi di corridoi ecologici in Italia e in Europa 

L’Italia e l’Europa stanno facendo passi avanti nella creazione di corridoi ecologici per aiutare la fauna selvatica. Dal Parco Nazionale del Gran Paradiso, dove vengono creati passaggi per i lupi e i cervi, fino ai grandi corridoi che attraversano le Alpi e collegano Francia, Svizzera e Italia, stiamo vedendo una crescita di queste “autostrade per animali“. Ad esempio, il corridoio ecologico delle Alpi è uno dei progetti più ambiziosi: un sistema di collegamento che punta a proteggere diverse specie, consentendo loro di migrare e spostarsi in sicurezza tra diverse aree montuose. 

Un esempio affascinante è l’European Green Belt, un lunghissimo corridoio ecologico nato lungo le ex zone di confine della vecchia Cortina di Ferro, che un tempo divideva l’Europa in due blocchi. Questo corridoio si estende per ben 12.500 chilometri, dal Mare di Barents al confine tra Russia e Norvegia, lungo la costa baltica, attraversando l’Europa centrale e i Balcani, fino al Mar Nero. Queste aree, lasciate allo stato naturale per quasi quarant’anni dopo la fine della Guerra Fredda, hanno creato una rete unica di biodiversità di straordinaria importanza. Oggi, il Green Belt non è solo un corridoio di biodiversità, ma anche un “paesaggio della memoria” che racconta una parte significativa della nostra storia, trasformando un confine un tempo rigido in una connessione verde che unisce popoli e ambienti naturali. 

 

Come i corridoi ecologici possono combattere il cambiamento climatico 

I corridoi ecologici non solo proteggono gli animali, ma sono anche uno strumento efficace nella lotta contro il cambiamento climatico. Gli ecosistemi ben collegati sono più resilienti agli shock ambientali. Pensa a una foresta ben collegata attraverso un corridoio ecologico: può adattarsi meglio ai cambiamenti delle temperature e alle nuove condizioni climatiche, contribuendo a mantenere l’equilibrio naturale. Inoltre, collegare diversi habitat aiuta a mantenere una maggiore varietà di specie, che a sua volta rende gli ecosistemi più robusti. 

 

Ora che sai quanto siano cruciali i corridoi ecologici, potresti chiederti: “Cosa posso fare io per aiutare?” Beh, molto! Puoi sostenere le organizzazioni che lavorano per la creazione e la manutenzione di questi corridoi, partecipare a campagne di sensibilizzazione, o persino trasformare il tuo giardino in un piccolo corridoio ecologico locale, piantando alberi e fiori che attraggano la fauna locale. 

In definitiva, i corridoi ecologici sono un esempio di come possiamo vivere in armonia con la natura, non ostacolarla. Quando pensiamo al futuro del nostro pianeta, è essenziale immaginarlo come un luogo di connessione, non di separazione. Quindi, perché non iniziare con un piccolo passo, o meglio, un piccolo corridoio verde? 

Quando i giochi si fanno green le Olimpiadi possono iniziare

Quando i giochi si fanno green le Olimpiadi possono iniziare

Con la scoperta, nel corso dell’Ottocento, delle rovine dell’antica città di Olimpia si rinnovò l’interesse per lo spirito dei Giochi dell’antichità. Fu Pierre de Coubertin, pedagogista e sociologo, che li ripropose, come strumento di pace tra i popoli. Nel 1894 si stabilì che i primi Giochi olimpici dell’Era moderna si sarebbero svolti ad Atene, due anni dopo. Vi parteciparono 250 atleti in rappresentanza di 13 dei 21 paesi che avevano inizialmente aderito all’iniziativa. I Greci proposero Atene quale sede permanente, ma il CIO (Comité International Olympique) ritenne invece più opportuno che ogni edizione fosse ospitata da un paese diverso, proprio per sottolineare il carattere universale dell’iniziativa.

Ma veniamo al presente, le Olimpiadi di luglio secondo la Francia saranno “i Giochi più verdi di sempre”: l’obiettivo è dimezzare l’impronta di carbonio di dieci anni fa passando dalla media di 3,5 milioni di tonnellate di CO2 di Londra 2012 e Rio 2016 ad “appena” 1,75 milioni di tonnellate. Per riuscirci i francesi hanno puntato su due aspetti generali: non realizzare troppe nuove strutture, usando il 95% degli impianti già esistenti, e su una edilizia basata su materiali meno impattanti e trasportati per esempio su fiume (come la Senna) anziché su strada.

Parigi, “città dei 15 minuti”, oggi sempre più ciclabile e pedonale e meno avvezza a suv e auto, capace di guardare sempre avanti in tema di sostenibilità ambientale, intende cavalcare a pieno questa sfida per mostrare che sì, dei Giochi “più verdi” si possono fare.

I sistemi per riuscire a essere meno impattanti passano da strutture in legno e a basse emissioni di carbonio, come il nuovo centro acquatico, a impianti che guardano al futuro. Per esempio, ripulire la Senna per le gare di triathlon, in modo che un domani il fiume pulito e sicuro sia fruibile per i residenti. Oppure la creazione del nuovo quartiere ecologico situato a Pleyel-Bords de Seine che come hanno spiegato gli organizzatori “alla fine dei Giochi del 2024 diventerà un quartiere ecologico di nuova generazione con 3.500 unità abitative, situato nel cuore di un ambiente paesaggistico qualificato che irrigherà lo sviluppo urbano della Seine-Saint- Regione di Denis”.

Poi le politiche di trasporto: ridurre i tempi di viaggio per gli atleti, in modo da raggiungere in meno di mezz’ora i luoghi per le gare su mezzi di trasporto ecologici.

Punto saliente delle Olimpiadi che vogliono brillare di verde è anche la scelta di non costruire nuove e gigantesche strutture che tra uso di calcestruzzo e combustibili fossili sono estremamente nocive per l’ambiente. Verranno infatti usati impianti solo riammodernati, con una particolare attenzione ai dettagli: persino le stoviglie saranno senza loghi, in modo da essere poi riusate. 

La sfida più ardua resta però quella dell’aria condizionata. Il Villaggio Olimpico è stato costruito, tramite pannelli isolanti, tende ad alta prestazione e impianti sotto pavimento collegati a centrali geotermiche, in modo da essere funzionale nel garantire temperature limitate senza l’uso di elettricità per l’aria condizionata. Una questione che ha fatto discutere: diversi atleti si sono detti preoccupati, per il caldo, in vista delle gare, tanto che certe federazioni hanno ipotizzato di noleggiare ventilatori e condizionatori portatili. Soltanto fra pochi giorni riusciremo a capire se il metodo usato dai francesi per tenere “fresche” le strutture del villaggio funzionerà o meno: in caso di vittoria, come per tutte le altre innovazioni, la scelta fungerà da apripista per i futuri Giochi.

Poco si potrà fare però per il problema dell’afflusso di persone, molte delle quali arriveranno tramite aerei dall’altra parte del mondo, a Parigi. La questione dei viaggi internazionali ha portato analisti e ambientalisti a suggerire di reinventare in futuro i Giochi, dividendo i diversi sport in alcune città del mondo e aumentando la copertura mediatica, in modo da evitare le emissioni legate ai voli intercontinentali.

Nel frattempo, però i Giochi 2024 di Parigi dovranno dimostrare, anche nella “vecchia formula”, di poter essere sempre meno impattanti per l’ambiente e per quella crisi del clima che, proprio nella capitale francese nel 2015 è stata al centro dei fondamentali Accordi di Parigi per tentare di limitare, tutti insieme, l’avanzata del riscaldamento globale. 

Chi ha paura della primavera?

Chi ha paura della primavera?

E’ primavera, svegliatevi bambine, alle Cascine messer Aprile fa il rubacuooor” intonava Rabagliati nel lontano 1941. E ancora oggi, verso il 20 marzo o giù di lì, ci ritroviamo a canticchiare per strada queste poche ma memorabili note.

Sì, è arrivata la primavera! Le giornate si scaldano e si allungano, e via con i luoghi comuni, che se sono tali un motivo ci sarà! Famoso è il detto: Primavera fa rima con allergia. Ah, non fa rima? Forse no, ma di sicuro, purtroppo, corrisponde a sacrosanta verità.

La bella stagione che è appena cominciata non è tale per chi è ipersensibile ai pollini: quasi dieci milioni di italiani sono ormai da anni abituati a convivere con sintomi più accentuati e duraturi. Al di là della pianta che è causa del problema, infatti, oggi l’impollinazione è un processo più lungo e intenso. La causa è da ricercare nell’aumento delle temperature durante l’inverno. Meno è rigido il periodo compreso tra dicembre e marzo, tanto più accentuate sono le allergie primaverili. Una dimostrazione di quanto il cambiamento climatico in atto abbia ripercussioni dirette sulla salute

Sono sempre di più gli studi che ipotizzano che la causa di questo trend possa risiedere (anche, ma non solo) nel riscaldamento del Pianeta, come effetto del crescente inquinamento atmosferico. Nei luoghi in cui la qualità dell’aria è peggiore, d’altra parte, i numeri delle allergie sono più elevati.

Entro il 2100 la quantità di pollini prodotti durante le fioriture potrebbe aumentare del 40%, secondo nuove ricerche, rendendo urgente la necessità di capire meglio quali siano i fattori che determinano tale aumento. Se da un lato siccità e ondate di calore danneggiano foreste e pascoli, alcune graminacee, piante infestanti e anche alcuni alberi che producono pollini allergenici prosperano in presenza di temperature più alte e maggiori concentrazioni di anidride carbonica, diventando più grandi e producendo più foglie.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che entro il 2050 metà della popolazione del pianeta soffrirà di almeno un disturbo allergico. L’aumento previsto è dato non solo da una maggiore concentrazione dei pollini, ma anche dai tanti modi in cui gli elementi chimici delle sostanze inquinanti interagiscono con essi. Gli agenti inquinanti, infatti, distruggono la parete cellulare dei pollini, frantumando i loro granuli, relativamente grandi, in particelle di dimensioni inferiori al micron che possono penetrare più in profondità nei polmoni e sono più pericolosi per i soggetti allergici. Inoltre, le sostanze inquinanti possono aumentare la capacità del polline stesso di innescare la reazione allergica.

Studi condotti in laboratorio dimostrano che un aumento dell’anidride carbonica nell’atmosfera porta a pollini contenenti più proteine allergeniche, che sono quelle che provocano la produzione degli anticorpi responsabili dei sintomi fisici della reazione allergica.

Rimangono aperte molte sfide e molto lavoro da fare, difatti i pollini attualmente vengono misurati e monitorati molto meno di qualsiasi altro inquinante atmosferico. La strada da intraprendere da subito, con urgenza, sembra dunque essere quella “nella direzione dello sviluppo di strumenti migliori per comprendere in che modo i pollini potrebbero cambiare in futuro e aiutare le persone a prepararsi al meglio ai relativi impatti sulla salute”.

Qualche buona notizia, per favore! Sembra ci siano, fortunatamente: diverse aziende stanno sviluppando tecniche di intelligenza artificiale per automatizzare il conteggio, rendendolo più efficiente, e quindi maggiormente “monitorabile”. Dunque, la tecnologia che, di nuovo, corre in soccorso della salute del cittadino.

Perché l’obiettivo di tutti noi in fondo è uno: allontanare la paura dell’arrivo della primavera, per poterci solamente godere in santa pace quei giorni di rinascita e rigoglio della natura: a marzo, aprile e maggio voglio solamente gioire! Perché poi si sa, arriva giugno con la torrida estate, e comincia tutta un’altra storia.

2023: Odissea nello spazio green

2023: Odissea nello spazio green

Oh, il cinema, quanto ci piace! La magia del grande schermo quando si spengono le luci della sala o il relax del divano di casa di fronte al nuovo 75 pollici non hanno rivali. Nessuno può toglierci il piacere di guardare un film in santa pace, che sia un classico senza tempo o una novità imperdibile. Ma ci siamo mai chiesti che impatto può avere la produzione e la realizzazione di un’opera cinematografica, sia essa una piccola produzione indipendente o un kolossal hollywoodiano?

Il mondo del cinema fa sul serio con l’ecologia? Quanto va a danneggiare l’ambiente? Domande lecite, che necessitano chiarimenti. Proviamo a fare chiarezza.

Secondo “Albert”, un’organizzazione ambientale creata per analizzare il livello d’inquinamento delle produzioni audiovisive, il principale impatto ambientale dell’industria cinematografica è dovuto proprio allo spostamento della troupe e dell’attrezzatura necessaria, che avviene per lo più su gomma. In questo settore, il trasporto è infatti la categoria maggiormente responsabile delle emissioni di CO2 e del consumo di energia. Per dare un metro di paragone a questi dati, la produzione di un’ora di contenuti di televisione britannica emette 13 tonnellate di anidride carbonica, più o meno la stessa quantità generata da un cittadino statunitense medio in un anno. 

Oltre a questo impatto legato ai trasporti, si aggiungono l’utilizzo giornaliero di materiale usa e getta sul set – come i contenitori in plastica monouso in cui vengono serviti i pasti a tutta la troupe – o gli oggetti di scena che devono essere sostituiti dopo ogni take – come quelli distrutti o gli alimenti consumati come da copione.

Infine, altro grande problema è legato al deturpamento dei paesaggi naturali, che va dalla costruzione di enormi set lasciati in piedi per anni – come intere città erette in Nuova Zelanda per la saga del Signore degli Anelli di Peter Jackson – ai danni provocati agli ecosistemi durante e dopo le riprese di un film. L’esempio più tristemente noto è quello della Maya Bay nelle isole Phi Phi in Thailandia, set del film “The Beach” di Danny Boyle: prima delle riprese la produzione abbatté una parte della vegetazione per ingrandire la spiaggia e piantò circa cento palme per rendere il paesaggio più in linea con l’idea occidentale di luogo esotico. 

Ma le cose stanno fortunatamente cambiando, c’è una maggiore coscienza e attenzione. Di certo un passo decisivo del mondo scintillante della cinematografia mondiale verso un minore impatto ecologico è stato compiuto con le “certificazioni green”. Cosa sono? Si tratta di comportamenti da tenere nella realizzazione di un’opera.

 

E cosa è necessario fare per avere una certificazione green per il proprio film?

 

1 – Assicurare una riduzione efficace dell’impatto ambientale dell’Opera Audiovisiva.

2 – Utilizzare esclusivamente energia elettrica fornita attraverso allacci temporanei alla rete di distribuzione.

3 – Utilizzare esclusivamente apparecchi illuminanti con tecnologia LED.

4 – Ridurre le emissioni inquinanti derivanti dal movimento di mezzi di trasporto motorizzati.

5 – Ridurre l’impatto ambientale legato agli alloggi della troupe.

6 – Garantire ai membri della troupe un’alimentazione salubre e di qualità nel rispetto dell’ambiente.

 

Per promuovere e sostenere il cinema “green sono nati anche premi e manifestazioni ad hoc. Come, per esempio, Il Green Drop Award, nato nel 2012, che assegna premi ai film che interpretano meglio i valori dell’ecologia e dello sviluppo sostenibile. Il Green Drop Award non è solo un premio ai meriti artistici ma anche un riconoscimento che vuole segnalare al pubblico quelle opere che aiutano ad aumentare la nostra consapevolezza per uscire dalla crisi ecologica

In Italia emerge Il Festival CinemAmbiente, con l’obiettivo di presentare i migliori film e documentari ambientali a livello internazionale. È ormai la più importante manifestazione italiana dedicata ai film a tematica ambientale.

 

E se volessimo concentrarci sui film veri e propri? Quali sono i film green che ci sono rimasti nel cuore?

 

Un posto sul podio è sicuramente occupato da ”Erin Brockovich”, un vero e proprio cult, che valse un premio Oscar alla meravigliosa Julia Roberts. Un film di denuncia imperdibile che si basa sulla vera storia della piccola cittadina di Hinkley, in California. I suoi abitanti sono stati colpiti da svariate terribili malattie e sofferenze, a causa della contaminazione delle falde acquifere ad opera di una importante e spregiudicata compagnia americana. Erin Brockovic, una giovane donna disoccupata ma intraprendente, riuscirà a far loro ottenere un risarcimento e, soprattutto, giustizia.

Il film del 2007 che Sean Penn scrisse e diresse, “Into the wild”, è un lungometraggio basato sulla storia vera di Christopher McCandless, giovane proveniente dal West Virginia, che subito dopo la laurea abbandona la famiglia e intraprende un lungo viaggio di due anni attraverso gli Stati Uniti. Penn gioca di forti contrasti nell’alternare gli ampi spazi dei diversi paesaggi mostrati al costante senso di vuoto del ragazzo che risulta essere una pura estensione dell’enormità della natura. Ecologismo filosofico.

Di certo il film green più attuale e di moda (grazie ai milioni di visualizzazioni sulla piattaforma Netflix) è di per certo il recentissimo “Don’t look up” con Leonardo Di Caprio, da sempre paladino dell’ambiente, e Jennifer Lawrence. È un film, in una chiave amaramente paradossale e comica, sulla fine del più umano degli istinti, quello di sopravvivenza. Non a caso, è un film sulla fine dell’umanità dove l’umanità stessa non pare avere alcuna intenzione di salvarsi o farsi salvare. 

In questa speciale (e personale!) classifica non può mancare il docu sulla paladina mondiale dei diritti green. “I’m Greta”, un documentario biografico che segue l’attivista svedese Greta Thunberg nella sua crociata internazionale per convincere la gente ad ascoltare gli scienziati sui problemi ambientali del mondo. Nell’agosto del 2018, Greta, una studentessa svedese di quindici anni, davanti il Parlamento svedese comincia uno sciopero per manifestare contro il cambiamento climatico, che nel giro di qualche mese si trasforma in un movimento globale, rendendola un’attivista di fama mondiale. Il documentario segue Greta dal suo primissimo giorno di protesta fino all’incredibile viaggio in barca a vela verso New York per presenziare al Summit sul clima dell’ONU.

Un film nel nostro cuore è di sicuro “Captain Fantastic”, interpretato da Viggo Mortensen. Un uomo laico e fuori dagli schemi che cresce la sua famiglia tra i boschi dello stato di Washington, lontana da junk foodconsumismo e ostentazione. Ma quando una tragedia colpisce la famiglia, Ben è costretto a lasciare la vita che si è creato e affrontare il mondo reale, fatto di pericoli ed emozioni che i suoi figli non conoscono. Non è un film che tratta direttamente di ambiente. Ma ci aiuta a rispondere a una domanda: il nostro stile di vita è davvero frutto delle nostre scelte?

E In Italia? Ci piace citare un documentario piccolo, ma che quando uscì, nel 2007, fece molto scalpore. Si tratta di ”Biutful Cauntri, realizzato nel 2007 da Esmeralda Calabria, Peppe Ruggiero e Andrea D’Ambrosio. Il lungometraggio mostra i problemi in Campania causati dall’ecomafia, dall’inquinamento da polveri di amianto e la conseguenza sull’agricoltura e sull’allevamento, in particolar modo quello di pecore.

È evidente che, nonostante tutte le difficoltà che ci possono essere, il mondo del cinema sembra ci stia provando ad essere meno impattante sul sistema ecologico. Il compito è arduo, come in tutti gli altri campi lavorativi, ma i segnali sembrano buoni. E allora, W il cinema che strizza l’occhio al mondo green!

Ode al Carnevale o Oddio il Carnevale?

Ode al Carnevale o Oddio il Carnevale?

E’ Carnevale, evviva l’allegria. La gioventù vuol ridere e scherzare…” cantava una canzone popolare di tanti anni fa. Eh beh, il Carnevale è la festa in maschera per antonomasia, in quei giorni ci possiamo travestire, truccare e diventare chiunque vogliamo. E poi “a Carnevale ogni scherzo vale”, tutti possono dar sfogo alla propria ironia e lo sfottò è sempre perdonato! Insomma, a chi non piace questo baccanale cristiano, ma anche un po’ pagano? Ma a nessuno, no?

Non è proprio vero, non tutti amano questa festa così popolare. Chissà perché? Gli psicologi s’interrogano, soprattutto riflettendo sulle reazioni ostili dei più piccoli. Paura del diverso, timore di non controllare la situazione essendo ignari di chi ci sia dietro la maschera, o forse solo timidezza, questi i motivi principali rilevati dagli studi. Del resto per molti bambini la “maschera” rappresenta l’ignoto, viene identificata come una figura sconosciuta e non familiare. Detto questo, la stragrande maggioranza dei più piccoli e dei loro genitori amano il Carnevale.

Di sicuro, noi di Italia Gas e Luce non possiamo ignorarlo, visto che la nostra sede è a Lido di Camaiore, a un passo da uno dei Carnevali più importanti al mondo: quello di Viareggio. Carri sfavillanti, pieni di ironia e colori, costumi e maschere ci consentono di mettere da parte le nostre individualità quotidiane e sperimentare un accresciuto senso di unità sociale.

Ma proviamo a concentrarci sulle tematiche a noi care dell’ecologia e del rispetto dell’ambiente. Quanto riguardo c’è nei confronti della natura durante il periodo carnevalesco? Di sicuro, troppo spesso, queste feste non rispettano l’ambiente. Le strade vengono lasciate sporche, con coriandoli, stelle filanti, bombolette spray di plastica. I coriandoli di carta, per esempio, sono sicuramente meno inquinanti, ma non sostenibili, perché creano comunque un impatto: possono essere ingeriti dagli animali e intasare le vie di scolo delle acque. 

E allora come facciamo ad essere green durante il periodo del Carnevale, senza per questo essere meno creativi?  Questi sono alcuni consigli per un Carnevale totalmente green ed ecosostenibile

  1. Costumi di Carnevale fai da te o riciclati

Evitiamo di acquistare ogni anno abiti o maschere di Carnevale. Con un po’ di inventiva e di creatività possiamo creare abiti risparmiando denaro e rifiuti, spulciando nel nostro armadio. Si può anche mettere in atto gli insegnamenti della nonna di taglio e cucito per trasformare vecchi vestiti, riadattare tessuti, dando sfogo alla propria fantasia. 

Nel momento in cui si decide di gettare questi costumi, è fondamentale smaltirli nel modo corretto, separando i vari elementi che li compongono per inserirli negli appositi contenitori.

  1. Trucchi green

Il trucco utilizzato per i travestimenti di Carnevale è nocivo per l’ambiente: una volta lavato via, finisce nelle acque di mari e fiumi. Il trucco eco-bio, invece, non contiene sostanze chimiche né siliconi, ed è quindi estremamente green. Basterà acquistare pigmenti in polvere libera in negozi specializzati, per poi mescolarli ad una crema neutra biologica. (leggi il nostro articolo sui trucchi green)

  1. Coriandoli in carta

Sono sempre più diffusi i coriandoli e le stelle filanti di plastica. Seppur l’effetto visivo sia maggiore, lo è anche l’impatto ambientale per la loro tipologia di materiale. Meglio coriandoli in carta fai-da-te, che possono essere realizzati in casa con semplici ritagli di giornali e riviste. Un’attività molto divertente da condividere con i bambini.

Oppure se volete essere all’avanguardia c’è un’azienda tedesca che dal 2018 produce coriandoli fatti di amido di mais e contenenti 23 tipologie di semi che, disperdendosi nell’ambiente e deteriorandosi, permettono di piantare fiori e piante, salvaguardando così l’ecosistema.

 

Infine, un ultimo consiglio: ripulire sempre! Impegniamoci a raccogliere tutto ciò che si getta e a pulire, per quanto possibile, l’ambiente che ci circonda. 

In conclusione, un tocco storico finale. Per chi ne fosse curioso, la materia prima dei carri del Carnevale è la cartapesta, o meglio: la carta a calco. Inventata dal pittore e costruttore viareggino Antonio D’Arliano nel 1925, ha permesso di realizzare opere sempre più grandi, ma allo stesso tempo leggere. Modelli in creta, calchi in gesso, carta di giornale e colla, fatta di acqua e farina, sono gli ingredienti semplici del più grande spettacolo al mondo nel suo genere.

La filosofia del recupero e del riciclaggio, attraverso una tecnica manuale unica, sono alla base della manifestazione carnevalesca, in special modo a Viareggio, dove dal dicembre 2001 è stata creata la Cittadella del Carnevale, il più grande ed importante centro a tema italiano dedicato alle maschere. Non esistono, in Italia, per dimensioni, spazi, servizi, altrettanti grandi poli incentrati sul Carnevale.

E allora, Ode al Carnevale! Anche per coloro che invece pensano: “Oddio il Carnevale!

Sa(n)remo Green?

Sa(n)remo Green?

Il Festival di Sanremo 2023 finalmente è cominciato ed è già nel vivo. Stiamo tutti ascoltando con curiosità le canzoni dei big in gara, anche grazie al Fanta Sanremo, il gioco che ha riacceso l’interesse per l’insormontabile Kermesse canora anche nei più giovani. Le melodie e le parole risuonano sul palco dell’Ariston desiderosi di diventare le nuove hit dell’anno.

Sembra però, dai primi ascolti, che gli autori e i cantanti si siano dimenticati di porre l’attenzione sui temi a noi cari quali l’ecologia, la sostenibilità e il rispetto della natura. Occasione sprecata perché, secondo studi recenti, un italiano su due è convinto che una canzone possa influenzare o addirittura modificare i comportamenti nei confronti dell’ambiente e favorire quindi l’adozione di buone pratiche sostenibili.

Ma non è sempre stato così, in passato nelle edizioni della manifestazione sanremese abbiamo potuto apprezzare numerose canzoni portabandiera del “green”. Fino ad oggi, sono quindici i brani totalmente “verdi” che hanno contraddistinto la storia del Festival, cominciando addirittura dal 1955 con “Canto nella valle” di Natalino Otto, per terminare con l’edizione del Festival del 2020 (forse la più ambientalista di sempre) dove ben due performers hanno affrontato il tema: il rapper Rancore in “Eden” e Gabriella Martinelli con la sua “Il gigante d’acciaio” che ha raccontato il dramma ambientale dell’Ilva. 

Siete curiosi di scoprirle? E allora non dilunghiamoci oltre, signore e signori, ecco a voi la “Sanremo playlist delle canzoni “ecologiste”.

Canto nella valle – Natalino Otto & Trio Aurora & Bruno Pallesi & Radio Boys, 1955

Il Ragazzo della via Gluck – Adriano Celentano, 1966

Ciao amore, ciao – Luigi Tenco, 1967

L’immensità – Don Backy, 1967

L’arca di Noè – Sergio Endrigo, Iva Zanicchi, 1970

Montagne verdi – Marcella Bella, 1972

E le rondini sfioravano il grano – Giampiero Artegiani, 1986

Cara terra Mia – Albano e Romina Power, 1989

Voglio andare a vivere in campagna – Toto Cotugno, 1995

Luce – Elisa, 2001

Il senso della vita – Elsa Lila, 2007

Nu juorno buono – Rocco Hunt, 2014

Abbi cura di me – Simone Cristicchi, 2019

Eden – Rancore, 2020

Il gigante d’acciaio – Gabriella Martinelli, 2020

Noi di Italia Gas e Luce, però, abbiamo la nostra personale classifica. 5 sono le canzoni cha abbiamo voluto approfondire e ricordare:

Il Ragazzo della via Gluck – Adriano Celentano, 1966: direttamente dalla metà dei favolosi anni ‘60 arrivò sul palco del Teatro Ariston questo brano con un tema molto importante come quello dell’urbanizzazione selvaggia a discapito del verde.

Pedala – Frankie hi-nrg, 2014: un brano che non solo è “energizzante” ma fa venire voglia a tutti di prendere una bicicletta (anche elettrica) e andare in giro per il mondo.

Luce – Elisa, 2001: Canzone vincitrice del Festival e che con una delicatezza estrema ci fa capire molte cose. C’è la narrazione di un amore e della necessità di dialogo, proprio come il vento fra gli alberi, come il cielo con la sua terra. 

Terra promessa – Eros Ramazzotti, 1984: Brano vincitore delle Nuove Proposte di quel’anno. Energia e voglia di una “terra promessa, un mondo diverso dove crescere i nostri pensieri”, in modo green ovviamente!

La nevicata del ‘56 – Mia Martini, 1990: In ultimo, ma non ultimo, questo pezzo immortale che vinse il Premio della Critica ed entrò ben presto nella storia del Festival di Sanremo. Mia Martini racconta della nevicata del 1956 che colpì Roma e che venne considerata la più pesante dal 1929, tanto da essere ricordata come la nevicata del secolo. Fu forse uno dei primi eventi climatici estremi che oggi, purtroppo, sono diventati all’ordine del giorno. Per questo ricordare quel momento potrebbe aiutarci nella riflessione fondamentale legata proprio all’importanza di rispettare il nostro Pianeta.

Prima di chiudere, vogliamo aprire una piccola finestra “verde” sul Sanremo in corso, parlando di Marco Mengoni, non soltanto perché è a tutti gli effetti il favorito nella gara, ma per essere stato già eletto il più green del Festival 2023, grazie alle sue scelte ecologiche: il packaging del suo disco è 100% plastic free, così come l’intera campagna pubblicitaria. Per il prossimo tour, l’artista, ha scelto di usare per sé e per tutto lo staff solo borracce e bottiglie di vetro e materiali monouso biodegradabili. Insomma, il suo messaggio è ben chiaro. Bravo Marco! 

Ma adesso che sia la buona musica a parlare. Buon Festival a tutti Con un occhio di riguardo alle canzoni “verdi”!

Intervista a Lady Be: tra arte e green

Intervista a Lady Be: tra arte e green

Lady Be è l’artista pavese sui generis che realizza opere d’arte contemporanea attraverso l’unione di oggetti e materiali di scarto con una particolare attenzione al riciclo e quindi prediligendo l’utilizzo della plastica in tutte le sue forme.  Noi di Italia Gas e Luce siamo rimasti molto colpiti dalla sua forte personalità e dalla spiccata volontà di trasmettere un messaggio, che come sapete, è decisamente affine al nostro: la sostenibilità, il riciclo e l’energia rinnovabile sono i punti di partenza per costruire una green community sempre più ampia che contribuisca alla salvaguardia del nostro pianeta. Qui sotto la nostra intervista a Lady Be, che ringraziamo per la disponibilità e la gentilezza che ha mostrato nei nostri confronti.  

 

Ciao Letizia! Ormai tutti ti conoscono come Lady Be; possiamo chiederti come nasce questo pseudonimo/nome d’arte?

Ciao a tutti! In realtà la risposta è molto semplice. Sono un’appassionata di musica e degli eterni Beatles. La canzone “Let it be” è, ora più che mai, una delle colonne sonore della mia vita. In più, la ricerca di un appellativo che fosse corto, internazionale, Pop e perché no, anche smart e moderno mi ha convinta che Lady Be fosse la scelta perfetta.

Opera I Beatles dell'artista LDY bE
I Beatles realizzati da Lady Be

 

Concordiamo, ci piace molto il tuo nome! Quali sono quindi i soggetti prevalenti all’interno delle opere di Lady Be? Possiamo parlare di “mosaici contemporanei” e di “ready made”?

I soggetti delle mie opere sono solitamente ritratti, volti iconici ma mi occupo anche di immagini e loghi aziendali. Sì certo possiamo parlare di ready made anzi grazie per aver pensato a questo, era da molto che non mi attribuivano questa tecnica/corrente artistica ; del resto, anche se con qualche modifica, utilizzo oggetti che provengono dal quotidiano per creare le mie opere. 

Performance artistica di Lady Be
Lady Be alla Galleria Nazionale di Arte Moderna a ROma durante la creazione dell'opera "Logo Rebus IBM"

C’è una data o un evento particolare che ti ha spinto ad intraprendere la tua arte?

Niente succede per caso giusto? Ecco, anche per me è stato così. Nel 2009, anno in cui ho realizzato la mia prima opera, mai avrei pensato di “tuffarmi” nel mondo dell’arte contemporanea da protagonista. La mia prima opera nasce dall’idea di creare un “mio diario dei ricordi”. Ho utilizzato esclusivamente oggetti personali, giochi di quando ero bambina e tutto ciò che per me aveva il valore di “ricordo”. Assemblando, o per meglio dire “dipingendo con gli oggetti”, ho creato il volto iconico di Marylin Monroe sulla scia delle serigrafie dell’artista più famoso della Pop Art americana Andy Warhol.

Prima opera dell'artista Lady Be
La prima opera realizzata da Lady Be nel 2009: "Marylin Monroe".

E dopo cosa è successo?

Sicuramente ho incontrato le persone giuste che sono state in grado di apprezzare il mio stile originale e molto personale e hanno condiviso la mia idea di trasmettere un messaggio sul riciclo. Sono stata incoraggiata ed è così che nel 2010 ho esposto alla Biennale di Lecce ed è iniziato il mio viaggio artistico che mi ha portata poco dopo a Parigi e ad Amsterdam. Ero riuscita ad aprire anche la finestra sull’ “internazionale”.   

Oggi dove si possono ammirare le tue opere? Hai attive delle mostre permanenti o in programma per questo 2023?

Al momento è attiva una mostra permanente all’Aeroporto di Milano Malpensa, dedicata ai passeggeri e situata al Terminal 1. Sempre a Milano, dal 31 marzo al 13 aprile, esporrò nella zona di Brera, più precisamente nell’ex studio dell’artista (conosciuto per le sue opere provocatorie) Piero Manzoni. Successivamente verrà presentata a Vienna la mia mostra personale “Recycled Art” dal 22 aprile al 14 maggio.

Prima opera di Lady Be alla Biennale di Lecce
Lady Be a 19 anni durante la prima esposizione alla Biennale di Lecce con la sua prima opera realizzata.

Un’artista internazionale davvero! Quali sono gli oggetti che impieghi maggiormente per la tua arte? E quali sono invece gli oggetti più insoliti o “strani” che hai incluso nelle tue opere?

Nelle mie opere sono presenti piccoli pezzi di plastica, giocattoli e molto materiale riciclato. Mi piace l’idea di riuscire a donare una seconda vita agli oggetti e ai ricordi della collettività. Adoro passeggiare sulle spiagge alla ricerca di “sostanza” e di ricordi. Difatti è la collettività che crea l’opera d’arte e sui litorali si può trovare veramente di tutto, gli oggetti più insoliti provengono proprio da qui: giochi particolari e oggetti da collezione. Una volta ho trovato dei bigodini vintage e vi assicuro che non è stato così immediato il riconoscimento!

materiali per le opere di lady be
Due dei tantissimi contenitori che Lady Be ha nel suo atelier per realizzare le sue opere con tutto il materiale suddiviso per colore.

Qual è il rapporto tra la tua arte e l’ambiente?

La mia arte non nasce solo come forma creativa ma vuole essere soprattutto una presa di coscienza sul tema della sostenibilità e sul riciclo in un mondo che lotta continuamente contro la tendenza al consumismo, allo spreco e all’accumulo di oggetti di difficile smaltimento. Ho avuto la fortuna di crescere ricevendo una buona educazione, molto attenta allo spreco. Nel corso degli anni ho avuto anche modo di attuare molte performance dal vivo ed il pubblico “giovanissimo” è quello che mi ha regalato le maggiori soddisfazioni. Credo che riuscire a comunicare e lanciare un messaggio forte come il mio attraverso l’arte sia, per quanto impegnativo, qualcosa di straordinario.

Opera "Puliamo il Mondo" , un soggetto d’invenzione realizzato a Bergamo in diretta tv, con oggetti di plastica di recupero raccolti anche dai volontari Legambiente, realtà con cui l’artista collabora da diversi anni; l’intera creazione dell’opera è stata trasmessa su Rai 3 Domenica 27 Settembre 2020. L’opera è stata realizzata per celebrare la forza degli abitanti Bergamaschi che hanno dovuto per primi affrontare l’emergenza Covid nel 2020. Rappresenta un volto umano con il pianeta come testa, la bocca ingerisce il mare di plastica, a voler dire quanto il problema dell’inquinamento sia globale e inquinare il mondo significa fare del male a noi stessi, pensando come possibile conseguenza anche a problemi globali come la diffusione di pandemie.

Sei attiva sui social? Dove possono seguirti i nostri lettori?

Sul mio sito www.ladybeart.com, nella sezione gallery è possibile vedere tutte le opere che ho realizzato, mentre nella sezione News & Events è possibile vedere le prossime mostre e tenersi aggiornati sugli eventi che mi vedono protagonista. Consiglio di consultare il sito dal computer, per vedere tutti i contenuti con più tranquillità. È possibile seguirmi su Instagram @letizialadybe , su Facebook Lady Be e su LinkedIn Letizia Lanzarotti.

Oppure contattarmi per qualsiasi richiesta alla mail [email protected]. Chi lo desidera, può contattarmi per spedirmi il materiale che non serve più: verrà trasformato in opere d’arte.

Un’ultima domanda: quali sono i propositi di Lady Be per questo 2023?

I propositi sono molti, sono delle sfide non sempre facili da realizzare; vi invito a seguirmi per scoprire se, durante l’anno, riuscirò a realizzarli!

Vado in ordine cronologico:

1 – Essendo appassionata di musica, inviare una mia opera a Sanremo, nell’ambito del Festival, in modo da  portare il tema della sostenibilità nella più importante kermesse musicale italiana.

2- Esporre al Teatro Ariston di Sanremo.

3- Organizzare e predisporre una esposizione a New York.

4- Collaborare con Italia Gas e Luce, azienda totalmente green, che fornisce soltanto energia non derivante da carboni fossili; una realtà con cui condivido pienamente gli ideali di sostenibilità.

5- Continuare a portare la mia arte in  mezzo alla gente, in luoghi non prettamente nati per le esposizioni artistiche.

Tanti e bellissimi propositi Letizia! Ci auguriamo davvero che tu riesca a realizzare tutti i tuoi sogni/obiettivi per questo 2023! Per noi hai tutte le carte in regola. Ti ringraziamo per averci dedicato il tuo tempo e ti facciamo ancora i nostri complimenti. A prestissimo!

Le domande più frequenti sull’energia rinnovabile

Le domande più frequenti sull’energia rinnovabile

La luce l’abbiamo tutti, in casa o al lavoro: nel mondo moderno, chi vive senza elettricità? Quindi, sia che siate titolari di un’attività commerciale, come un ristorante o un ferramenta, sia che siate privati cittadini desiderosi di energia rinnovabile per la vostra casa, gli interrogativi sono comuni per ognuno. Chi sta dalla parte dell’ambiente può compiere, con la scelta di energia proveniente esclusivamente da fonti rinnovabili, un gesto facile e rapido che trasforma un obbligo, quello di avere energia elettrica, in un messaggio, in una dimostrazione di coerenza.

Data la novità della scelta, è inevitabile che una decisone del genere generi molte domande. Ecco le più frequenti.

Per far arrivare a casa o in azienda energia elettrica da fonti rinnovabili, servono lavori?

No, non sono necessari né lavori edili, né al contatore. Non si subiscono distacchi, né interruzioni di servizio, e neppure visite a casa o in ufficio di operai.

Perché questo processo è incentivante per il sistema di un paese, per i suoi impianti puliti e per le sue fonti?

Perché più persone e aziende sceglieranno energia 100% rinnovabile, più impianti saranno necessari per produrla.

Avere energia rinnovabile costa di più, oppure si può addirittura risparmiare sulla bolletta?

La componente energia pesa per il 40% della bolletta finale. Il resto sono costi fissi, uguali per tutti. Il prezzo dell’energia rinnovabile in Italia varia continuamente, ma ormai da diversi mesi, noi di Italia Gas e Luce, siamo in grado di applicare forti e significativi sconti sul costo della materia energia. Ad oggi, comunque, la stragrande maggioranza di coloro che cambiano per un operatore green, ottiene un risparmio rispetto al vecchio fornitore.

Ci sono problemi a cambiare utenza?

No, i vecchi fornitori non possono assolutamente opporsi o non fornire assistenza. L’operatore di reti per la trasmissione dell’energia elettrica, sia chiaro, rimane Terna. Con la liberalizzazione del mercato, oggi, gestore, produttori e fornitori sono aziende ben distinte. Ognuno porta avanti il suo lavoro, ma solo unendo le forze riescono a dare energia alle persone e alle aziende. Da diversi anni Italia Gas e Luce fa la sua parte, con grandi risultati.

Il servizio è raggiungibile ovunque?

Certamente, l’energia rinnovabile ti raggiunge ovunque, perché passa dalla stessa rete elettrica nazionale. Dunque, se avete energia elettrica a casa o in azienda, e volete farla diventare rinnovabile, affidatevi a noi di Italia Gas e Luce: la rete è unica ma non la sua distribuzione. Insomma, c’è modo e modo di fare il proprio lavoro,  e noi siamo certi di chi siamo!

Posso far vedere la mia bolletta della luce a qualcuno, per valutare le opportunità che si hanno nel cambiare fornitore e eventuali costi occulti?

Le bollette di alcuni operatori sono decisamente e volutamente complesse. Per analizzarle al meglio, l’ideale è rivolgersi al vostro fornitore, che è obbligato a darvi tutte le spiegazioni del caso. Italia Gas e Luce. ad esempio, ha messo a disposizione dei suoi clienti un bellissimo video esplicativo in cui si sofferma meticolosamente su ogni voce presente all’interno della bolletta. Ecco qui il link se ve lo siete perso: La bolletta di Italia Gas e Luce

Nel caso in cui non siate ancora soddisfatti, Italia Gas e Luce ha un servizio clienti a 5 stelle che vi aspetta!

Ma anche le centrali energetiche a fonti rinnovabili possono, in parte, inquinare?

Rispetto a una centrale a carbone, a un inceneritore riconvertito o ad una centrale termoelettrica non può esserci paragone. Certamente, ogni impianto industriale ha un suo impatto ambientale o paesaggistico, ma lo si può ridurre e compensare. Per esempio, scegliendo, anche all’interno delle rinnovabili, di fare scorta di energia solo da impianti eolici, idroelettrici e fotovoltaici, ad esclusione di altre fonti che, anche se rinnovabili, possono avere un impatto sgradito a livello locale, come il geotermico. Per legge, nessun nuovo impianto viene costruito senza prima una valutazione di impatto ambientale, ma non c’è alcun dubbio che gli impianti che sfruttano le nuove energie rinnovabili hanno, per loro natura, un impatto incomparabilmente minore di ogni centrale convenzionale o nucleare al mondo.

Perché scegliere energia elettrica da fonti rinnovabili?

Perché trasformi un obbligo, quello di consumare energia, in un messaggio dato al mondo. 

Termini e Condizioni